La vita artistica di Elsa Piperno, si caratterizza per aver introdotto la danza moderna a Roma ed in Italia nei primi anni ‘70.Il suo entusiasmo pionieristico, le ha permesso di istituire un vero e proprio centro, non solo di produzione ma anche, di animazione e promozione di questo tipo di danza. Secondo Vittoria Ottolenghi si è trattato di una scelta non solo estetica ma ideologica e, in qualche modo, perfino politica. La cultura prescelta è stata quella della “modern dance” americana, incentrata sui problemi della donna e dell’uomo contemporanei; temi e valori trasportati e tradotti, dalla professionalità e dal talento di questa nostra giovane ma, non per questo meno audace o intuitiva, come interprete.
Un viaggio lungo una vita, dentro l’arte, alla scoperta dei numerosi significati che, dalla danza libera promossa da Isadora Duncan agli inizi del ’900, sarebbero potuti trasmigrare nella “cultura di danza” nostrana, ancora, all’epoca, molto indefinita e purtroppo, completamente soggiogata dai canoni classici. La Piperno, arginati tali confini mentali e burocratici, non ha d’altro canto omesso, quelle tracce invisibili, di tecniche e proposte ideologiche che da Martha Graham in poi, hanno elevato la danza, da spettacolo destinato a pochi, a discorso culturale per tutti.
Elsa Piperno, al secolo E. Di Laudadio, nasce a Mogadiscio in Somalia, il 20 Ottobre 1942. Il continente africano, oltre ad essere la sua terra natale, l’ha, per primo, fortemente coinvolta ed attratta, in modo puramente istintivo, nella conoscenza del movimento. Qui, trascorre solo i suoi primi quattro anni anche se qualcosa di importante tocca e raggiunge lo stesso l’anima della bambina: “Qualcosa come la capacità di percepire la danza come l’espressione vitale, più vicina a tutte le manifestazioni dell’animo umano.” Quando la sua famiglia decide di far ritorno in Italia, questa sensazione inconscia si è già insinuata in lei, più di quanto possa rendersene conto. D’ora in poi, la cultura di questo paese farà sempre parte della sua memoria, artistica ed umana.
Giunta in Italia, si avvicina per la prima volta alla danza, iscrivendosi all’Accademia Nazionale. E’ il 1949, e l’istituto vanta solo un anno di esperienza alle sue spalle; Jia Ruskaja ne è la direttrice. L’insegnamento impartito alle alunne, è di stampo rigidamente classico, anche se, oltre a questo, è presente l’orchestica e in genere una limitata apertura verso una concezione della danza, se non moderna, almeno più libera. La giovane Piperno incomincia a confrontarsi con la disciplina ed il rigore fisico, richiesto ad ogni alunna. In lei, si manifesta, da subito, l’inclinazione verso forme di danza più anticonformiste. Per le sue insegnanti invece, ciò che conta di più è sempre la dedizione ed il sudore dimostrati alla sbarra.
A quattordici anni, al termine di un consueto anno accademico, le più meritevoli erano tenute ad esibirsi, in un saggio di fine anno. Il nome della nostra artista era incluso nell’elenco ma, forse per una strana congiuntura del destino, quel diritto le fu negato. Non le furono misconosciute le sue doti, non era in discussione il suo talento ma, probabilmente, la sua matrice religiosa. Nelle sue vene scorreva sangue ebreo, forse un elemento ingiustamente penalizzante, per una bambina alle prese con le prime difficoltà della vita e dello spettacolo. Nel tempo, la bambina fu costretta ad allontanarsi dalla scuola.
La delusione, per una simile estromissione, non fu facile da capire e da superare. Il conflitto con il padre, e quello personale, non avrebbero nel tempo, diminuito il suo amore per quest’arte, così apparentemente proibitiva in quel momento per lei, così irraggiungibile per tuttiquelli che si arrendono alla prima difficoltà. Lei però, non perdendosi d’animo, considerava l’accaduto, un incidente di percorso.
Tre anni dopo, si trasferisce a Londra, per continuare a perfezionare gli studi in danza classica con Marie Rambert e David Ellis alla “Rambert School.” Dal ‘60 al ‘63, cercherà di approfondire più che mai, tutto ciò che appartiene al balletto classico: dall’armonia dei movimenti, all’eleganza dei gesti, alla leggiadria dei passi. Niente sembra frapporsi questa volta, tra lei e questo tipo di mondo, anche se sente che è giunto il momento di dare una traiettoria diversa al suo percorso di studio.
Un giorno, venuta a conoscenza di alcuni spettacoli di Martha Graham, in programma per una settimana ad Edimburgo, decide di partire ed andare a vedere, per capire di persona di che cosa si tratti. Comprende che da quel momento in poi, avrebbe voluto fare un uso del suo corpo nello spazio scenico, alla maniera di Martha Graham. Rientrata a Londra, cercherà di avvicinarsi sempre più alla danza moderna americana, ma con scarsi successi dato che, in Gran Bretagna, l’altra danza è solo quella centro- europea di stampo espressionista ( R. Laban, M. Wigman, K. Joos ): questo genere di danza è impartito da alcuni artisti emigrati, che si erano rifugiati in Inghilterra nel periodo nazista. Certo la Piperno serbava ancora nel cuore, la folgorazione di quella tecnica grahmiana che l’aveva colpita così nel profondo. Nonostante tutto, da artista a trecentosessanta gradi, non rifiuta di confrontarsi anche con quest’altro versante della danza,”Metodo Laban” fra tutti. In questo senso comprende che, per diventare una danzatrice, è necessario anche saper usare la testa, e non sempre e solo il cuore. La sua apertura mentale, e il suo atteggiamento sempre costruttivo e mai dispersivo, le permetteranno nel tempo, di ottenere una borsa di studio per un corso di tecnica Graham: con questa occasione la sua tenacia sarà largamente ricompensata.
Il tramite tra i suoi sogni e le sue aspirazioni sarà impersonato da Robin Howard, mecenate di grande lungimiranza e generosità. E’ lui infatti che, rimasto molto colpito da Martha Graham e dalla sua compagnia in occasione di una loro tournée in Inghilterra nel 1954, avrebbe dato vita dieci anni più tardi, ad una fondazione per assistere i danzatori che volevano studiarne la tecnica. Insieme a lui, dobbiamo menzionare Robert Cohan, direttore sia della scuola che della compagnia omonima. Qui la Piperno avrà modo di studiare con Mary Inkson, Ethel Winter, Bertram Ross, Robert Cohan, Clive Thompson, William Louther, Takako Asakawa, e Juriko, ma non solo. Tutto, all’interno di “The Place,” è concepito per essere un ricettacolo di incontro-confronto tra le diverse diramazioni dell’universo danza; come per esempio,tecnica Cunningham a cura di Viola Faber o l’estetica di Paul Taylor tracciata da Betty De Jong e Dan Wagoner. Il training corporeo e mentale, a cui si sottoporrà la nostra artista, sarà estenuante fino al punto di considerare questa esperienza, la base formativa più importante di tutta la sua vita artistica. Il suo talento verrà notato nel tempo, anche da Paul Taylor in persona, il quale la sceglierà per delle coreografie come “Hands Dance” e “Three Epitaphs.” Promossa al ruolo di solista fino al 1971, riuscirà a raccogliere numerose soddisfazioni e riconoscimenti che le renderanno particolarmente difficile e dolorosa, la decisione personale, di lasciare la “London” per cercare in Italia delle soluzioni a dei problemi di ordine umano ed artistico. Ottenuto un permesso speciale nel 1970, di potersi allontanare per sei mesi dalla compagnia, prepara le valigie e parte, con la speranza nel cuore di trovare in Italia, qualcosa di già avviato nel settore della danza moderna, e invece, di fronte a se’, è il totale deserto. Dotata di un temperamento combattivo e intraprendente, resasi conto della situazione di fatto, decide di organizzare un discorso innovativo, per suscitare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo specifico argomento. Organizza al ” Centro di Cultura Americana U. S. I. S. di Roma,” nel 1970, la prima conferenza dimostrativa sulla tecnica Graham. La “lecture demonstration”riesce nel suo intento e niente ormai può più crearle il dubbio, di aver intrapreso una strada troppo difficile.
Nel 1972 la Piperno, al suo secondo e definitivo ritorno in Italia, maturerà l’idea di aprire il “Centro Professionale di Danza Contemporanea” e di fondare la compagnia di ” Teatrodanza Contemporanea” di Roma che debutterà al Teatro Parioli nel Giugno del 1972. La diffusione in Italia della conoscenza della danza moderna, avverrà non solo, con la pratica di seminari, stages intensivi e spettacoli, ma anche con una attività di divulgazione storico- teorica, ottenuta attraverso conferenze dimostrative e dibattiti con il pubblico. Al di là dei numerosi meriti e riconoscimenti che le sono stati attribuiti, come il “Premio Circe” per la danza del 1972 e il “Premio Positano” Leon Massine nel 1982, uno dei più grandi tributi che il pubblico le deve, è senz’altro legato all’esser riuscita a dividere il mondo della critica in due correnti di pensiero: da una parte i favorevoli e dall’altra i contrari rispetto al suo modo così diverso di vivere la danza.